Mi sono fatta male e ora che faccio? Una riflessione cazzuta sull’esperienza che terrorizza tutti gli atleti.
Esattamente un anno fa, la Cazza Bionica tornava a casa dopo due settimane di ospedale. Due operazioni, qualche trasfusione, abbondanti dosi di morfina e un chiodo di 34 cm infilato nella gamba da un allegro e sadico chirurgo! (post Instagram Cazza Bionica)
Siamo stati tutti assorbiti da questa sfortuna e durante questi mesi ci è capitato spesso di discutere del momento dell’infortunio. Tra amici se ne è parlato a lungo e ci siamo resi conto che, praticamente in tutte le attività sportive, la dinamica dell’infortunio è una costante. Terrorizza tutti gli atleti, dai professionisti agli amatori. Farsi male significa soffrire, ma soprattutto smettere di allenarsi per un periodo di tempo più o meno lungo, buttando all’aria mesi e mesi di impegno e passione, con la possibilità di non tornare mai più come prima (spoiler: la Chiara è una Tora ed è tornata veramente più forte di prima, foto allegate per i miscredenti, quindi alè duro che ce la puoi fare anche tu!).
Allora comincia un continuo alternarsi di “ma chi te l’ha fatto fare?”, “ma non è ora di calmarsi?”, “te l’avevo detto che è uno sport pericoloso…“, “la pianti di fare il maschiaccio?”. Nonne, zie e cugini di quarto grado che chi li ha mai visti, d’un tratto diventano alpinisti vissuti che impartiscono lezioni di vita, facendoti rendere conto della pericolosità del tuo sport.
Qui le certezze cominciano a vacillare e metti in discussione anche la tua stessa passione. Ti chiedi se non abbiano ragione loro, se alla fine tutto questo tirare tacche e piegare sulla neve non sia poi niente di che, solo un semplice passatempo che è facile rimpiazzare con qualcosa di più tranquillo.
La verità è che noi ci abbiamo anche provato a trovare qualcosa che ci facesse venire le farfalle nello stomaco allo stesso modo. Il massimo che abbiamo trovato è stato un bel passatempo, un’attività piacevole e divertente, ma nulla di più. Allora che senso ha privarsi di emozioni così forti in cambio di un po’ più di sicurezza? Il rischio può essere gestito in maniera responsabile, continuando a fare ciò che ci fa vibrare l’anima e che tocca le corde più profonde.
Questo anno di convalescenza e ripresa ci ha fatto capire che il dramma dell’infortunio è un banco di prova per capire con quanta passione viviamo il nostro sport e per scoprire quanto questa attività sia ormai diventata parte di noi e ci definisca come persone.
Uscendo da questo mare di sfortuna, avremo più chiara l’idea del rapporto tra noi e il nostro sport e potremo allenarci in modo più consapevole e maturo, ma sempre e comunque Cazzutissimo!
Tu che ne pensi? Come vivi l’idea dell’infortunio?
Scrivicelo nei commenti qui sotto!
Leggere questo articolo mi ha fatto sentire decisamente meno sola!
Mi sono rotta crociato e menisco lo scorso 9 marzo durante una gita di scialpinismo e il 18 aprile dovrò essere operata perciò sono già ferma da un po’ e non so esattamente quando riprenderò ad arrampicare, sciare e raggiungere la prossima vetta e la cosa curiosa è che soltanto adesso che mi manca tremendamente poter fare tutto ciò mi rendo conto di quanto l’ alpinismo e la montagna siano fondamentali per il mio benessere psicofisico. Anzi, fino ad oggi mi sono sentita un po’ trascinata, ahimè come nei più classici dei cliché, dal mio fidanzato e invece ora sono consapevole che nella vita l’unica cosa che conta è la montagna!!!
Ci fa veramente piacere sapere che questa riflessione ti abbia fatta sentire meglio e meno sola! Tranquilla che tornerai a fare quello che ami, parola di Cazza! 💪🏻🔥❤️